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giovedì 23 giugno 2011

LA NOSTRA CARA GENERAZIONE "DI FRETTA"


Potremmo chiamarla "speed generation", la nostra. Ovvero? Umm, troppo tempo per spiegarla, vado di fretta. Ma magari mi disconnetto un "attimino" e ci provo.
L'etichetta che graziosamente ho appiccicato alla generazione attuale, cari colleghe e colleghi, si riferisce alla "velocità" che costantemente anime le nostre vite. Veloci nella quotidianità. Veloci nelle relazioni, amichevoli, amorose e sessuali. Veloci nell'eloquio e nella scrittura. Ovunque la parola d'ordine è "subito"! Dunque, chi si ferma è perduto! Abbiamo imparato, quasi con compiacimento, a dilatare il nostro tempo e compattare due o  tre giorni di attività in una sola. Chi ci ha iniettato il perfido "speedy-virus"? Internet, ovviamente. La madre di tutte le tecnologie, che non si è accontentata solo del web. Qualche esempio pratico? Un semplice" click" sulla tastiera del pc e in pochi minuti possiamo contemporaneamente leggere e-mail, scaricare video da you tube, ascoltare musica, giocare on line, videochiamarci e, dulcis in fundu, connetterci ai re dei social network. (Facebook, ovviamente). Sulla rete, dunque, e non solo, tutto urge, si fa presto e subito, il prima possibile e simultaneamente. E guai se un messaggio di posta elettronica tarda ad arrivare o la lucina della chat non si illumina. Se sono trascorsi più di due minuti dalla connessione e nessuno ci ha cercati...apriti cielo! Si attiva la psicosi. Nel breve tenpo possibile si deve rimediare. Perchè essere cercati corrisponde, oggi, ad essere qualcuno. Anche se solo in maniera fittizia. Ecco così che la "speedy- ansia"(attenzione, è solo un neologismo da me creato per l'occasione) è presto servita anche nella quotidianità. E così malediciamo un tram quando ritarda di un solo minuto; imprechiamo contro l'automobilista che ci precede se non scatta come un pilota al verde del semaforo; facciamo i riti Vudù alla cassiera che dorme anzichè conteggiare la spesa.
Anche linguisticamente il tempo si è ridotto; Anzi, l'abbiamo ridotto: "un momento" è diventato "un momentino" e un attimo si è ridotto a "un attimino". Si torna a lavorare "in un baleno". Tutto è pronto in un batter d'occhio. E ancora: il rullino fotografico? Sviluppato in un'ora! Il risotto? Cotto in due minuti. Il caffè? Espresso, ovviamente! I viaggi "last minute", e i giochi gratta e vinci.
Nel campo delle relazioni grazie a facebook si diventa "amici" in un "battibaleno". Basta inviare una semplice "richiesta d'amicizia", ben diversa dalla faticosa <<vuoi diventare la mia amichetta?>> rivolta alla compagna di banco delle elementari. E poi si diventa prima adolescenti, e ancor prima donne. I "sì" per tutta la vita sono fulminei così come i divorzi. Istantaneo pure il negozio nel quale abbiamo fatto un ottimo acquisto. Vorrei tornarci. Spiacente, non c'è più. Era un "temporary store".
Ovunque, nella rete, in tv, alla radio e nelle pubblicità, "flash" è una tra le parole piu' ridondanti. E anche "subito". Come le chiavi in mano dopo l'acquisto di un'auto nuova. E che dire dei giornalisti? Quanta nostalgia degli anni '60, quando gli speakers televisivi erano più attenti, pacati, con un'attenzione maggiore alla qualità dell'informazione rispetto alla quantità. Oggi, invece, è il trionfo dell'abbondanza: di fonemi, di locuzioni, di aggettivi inutili e gesti subitanei e distratti. Con piu' refusi nei testi. E più superficilità in generale.
Che dire, cari colleghi...se si andasse di fretta verso qualcosa di buono sarebbe interessante e piacevole correre. Ma, purtroppo, a tanta tecno-velocità corrisponde una spaventosa IMMOBILITà SOCIALE. In Europa. E in Italia, soprattutto, la più gerontocratica e conservatrice tra le società moderne. Si può correre quanto si vuole, inventarsi anche maratoneti, ma il ricambio generazionale resta sempre lo stesso: lento. Quasi fermo. Paralizzato l'accesso alle progressioni e ai ruoli più pregiati e completamente statiche le classi dirigenti.
Il contesto valoriale e materiale entro cui si articola la dialettica sociale e intergenerazionale è ingorgato. Nel mondo del baronato lavorativo o del neonepotismo universitario italiano la velocità sembra proprio non voler arrivare. Anzi, qui vigono le leggi di Morfeo. E "speedy" è solo un aggettivo della lingua inglese.
 Ma ancora una volta sono fiduciosa e voglio credere che le nostre corse servano a velocizzare pure le piu' dormienti delle Istituzioni. E chissà che non abbia ragione un buon vecchio adagio della mia terra nativa che dice: << intanto allacciati le scarpe e comincia a correre...>>.

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